venerdì 21 giugno 2019

Val Gerola e Albaredo, tutte le cime con gli sci: condanna per apologia dello storico ribelle


Di seguito l'editoriale del n.50 de LMD che vi spiega tutto...


Pur non praticando il mondo della politica, la mia attività giornalistica ed editoriale m'impone talvolta di averci a che fare. Solo rapporti protetti, s'intende: uso gli stivali alti e le mutande di ghisa, per non esser coinvolto negli oscuri e spesso maleodoranti meandri della politica che, invece di guidare le comunità con uno sguardo lungimirante, ne asseconda il declino e la decadenza, stroncando con comica inconsapevolezza ogni resilienza al processo di globalizzazione e omologazione (cui, per peculiarità orografica, un territorio montano e la sua popolazione mal si adatterebbero), ma anche calpestando alla luce del sole, con ferocia censoria e repressiva, diritti come la libertà di pensiero e di espressione. Tanto siamo in Valtellina...
Ovviamente ci sono eccezioni che incredibilmente (e grazie al cielo) sopravvivono ai tempi e al mio pessimismo, divenuto più nero da quando ho visto il comportamento degli ex ragazzi rivoluzionari della mia generazione una volta assunti ruoli decisionali.

Sto delirando? Purtroppo no. Vi faccio un esempio che sto vivendo sulla mia pelle da quando ho pubblicato la pregevole guida di scialpinismo di Roberto Ganassa, "Val Gerola e Albaredo. Tutte le cime con gli sci". Una raccolta di itinerari all'aria aperta cui, come si usa spesso nelle guide, ho premesso di mio pugno una parte introduttiva sul territorio: orografia, storia, cultura, prodotti tipici ... 
Un tempo le tipicità di queste valli erano due: i pezzotti  (che non si fanno più) e il formaggio Bitto, che però è stato vittima di un processo di speculazione alimentare. 
La storia è fin troppo nota, ma per comodità dei lettori la riassumo qui brevemente. A partire dagli anni '80 l'area di produzione del "Bitto", tutelato dal marchio DOP, è stata via via estesa a tutta la provincia di Sondrio, includendo perciò formaggi che nulla hanno a che vedere con quello tradizionalmente prodotto negli alpeggi delle valli del Bitto (senza dare al bestiame prodotti fermentati o mangimi, unendo latte di mucca e di capra, caseificando direttamente in loco...). 
Così, grazie alla grande distribuzione - sempre sia lodata - il Bitto ha colonizzato gli scaffali dei supermercati sfruttando l'argomento populista che finchè fosse stato il formaggio delle valli del Bitto sarebbe stato destinato a un mercato di nicchia, dato che in quei recessi orobici e coi metodi millenari e trogloditi non se ne sarebbe mai potuto produrre a sufficienza per quel mercato sempre più globale e foriero di benessere per tutta la provincia. Un mercato a cui solo gli sciocchi non vanno incontro.

Alcuni tra gli aristocratici allevatori che hanno perseverato nelle procedure tradizionali, espropriati del nome del loro formaggio, si sono riuniti nel consorzio guidato da Paolo Ciapparelli e, dopo varie vicissitudini, hanno chiamato il loro formaggio "Storico Ribelle". Lo "Storico Ribelle", riconosciuto presidio Slow Food, è un'eccellenza delle valli del Bitto che i turisti meritano di conoscere. Nella guida ne ho parlato, non per fare un affronto ai suoi detrattori, ma perché ho ritenuto doveroso menzionare un'iniziativa lodevole e di successo che ha contribuito al rilancio di un sano turismo nelle due valli.
"Val Gerola e Albaredo. Tutte le cime con gli sci", promuovendo in sinergia d'intenti il turismo escursionistico, avrebbe dovuto beneficiare del patrocinio dei comuni delle valli (tranne Bema), del Parco delle Orobie Valtellinesi e della Comunità Montana Valtellina di Morbegno. 


Alla presentazione ufficiale del libro a Morbegno, Patrizio Del Nero, in rappresentanza di alcuni enti patrocinanti, aveva speso parole di elogio verso il volume appena uscito grazie anche al loro contributo. Dopo pochi giorni, però, mi è arrivato come un fulmine a ciel sereno un sms in cui si parlava addirittura di querela per quanto scritto a favore dello Storico Ribelle. Un atto intimidatorio, insomma, come se l'impegno verbale ad acquistare copie del volume configurasse per ciò stesso un diritto ad intervenire preventivamente sui suoi contenuti o a censurarli, una volta stampati, perché non condivisi. Nel mio testo tuttavia non c'era alcuna frase che potesse suonare falsa o offensiva nei confronti di chicchessia. E, infatti, alla minaccia non è seguita alcuna querela. 
Mentre la Comunità Montana Valtellina di Morbegno ha puntualmente mantenuto fede al proprio impegno, comuni e Parco sono invece improvvisamente spariti e non hanno pagato le copie prenotate, con l'effetto di mettere in seria difficoltà l'iniziativa editoriale. La presentazione del libro a Gerola è stata quindi, senza alcuna comunicazione ufficiale, di colpo annullata. Non da noi.
Comunicazioni formali? Atti ufficiali? Nessuno, forse per la consapevolezza di star compiendo un vero e proprio sopruso.
E per i soprusi è bene non lasciare traccia.
Come vuole la procedura, ho inviato a febbraio una pec a tutti i sindaci dei comuni interessati (Cosio, Rasura, Pedesina, Gerola e Albaredo) e al presidente del Parco chiedendo di mantenere fede agli impegni presi. Nessuna risposta, né entro 40 giorni, né fino ad ora (31 maggio 2019).
Il Prefetto Scalia, cui mi ero rivolto inviando sostanzialmente la stessa lettera spedita alle amministrazioni, a marzo aveva gentilmente invitato i comuni e il Parco ad adempiere agli impegni verbalmente assunti (i due documenti li trovate riprodotti in queste pagine). Ma comuni e Parco lo hanno ignorato.





La faccenda sta ora andando avanti e io mi trovo dinnanzi al compatto e sinergico muro di gomma che tali amministratori pubblici erigono dinnanzi a chi osa anche solo accennare qualcosa di non conforme al pensiero di alcuni di loro. Non voglio star qui a far inutili dietrologie, registro solo di essere stato condannato da alcuni politici amministratori della val Gerola e della valle di Albaredo poiché reo di apologia dello "Storico Ribelle", cioè del formaggio tradizionale delle loro valli!

La libertà di pensiero e di espressione, antidoto all'ipertrofia e all'arroganza di ogni potere, piccolo o grande, nazionale o locale, purtroppo è considerata anche in Valtellina da molti perbenisti un vezzo inutile, fastidioso e fazioso. Ma quel che è più grave è che a questa logica censoria e intimidatoria del potere ci stiamo oramai lentamente abituando. Fatti del genere, che fino a pochi anni fa avrebbero sollevato un'ondata di indignazione, oggi all'opinione pubblica non arrivano più, perché ad essi non ci si ribella più, ci si rassegna illudendosi di potere così aggiustare il mondo. 
Forse quello dello "Storico Ribelle", ad opera dei pastori della val Gerola, è stato in Valtellina l'ultimo atto di successo di ribellione al sopruso del potere. In quel nome non c'è oggi solo l'eccellenza del formaggio tradizionale delle valli del Bitto, ma c'è anche un messaggio morale: quello di non darla vinta alla mediocrità di certi formaggi che trionfano nel mercato del consumismo contraffatto e che assomigliano sempre più alla mediocrità di alcuni nostri politici che trionfano nel campo dell'amministrazione pubblica.

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